Schiacciate da un carico mentale pesantissimo

Il carico mentale è un “lavoro di gestione, organizzazione e pianificazione che è allo stesso tempo intangibile, imprescindibile e costante, e che mira a soddisfare le esigenze di tutti e il buon andamento della casa e della famiglia”, secondo la ricercatrice Nicole Brais (Università di Laval, Canada). Riguarda più il carico cognitivo associato alla corretta gestione dei compiti domestici che l’esecuzione di questi compiti. Il problema ? Tale onere non è distribuito equamente all’interno della coppia e ancora oggi grava soprattutto sulle donne, accentuando le disuguaglianze nel mercato del lavoro. Perché se una donna deve pensare da sola alla gestione domestica, potrà dedicare meno tempo e impegno nel suo lavoro.
L’argomento è diventato virale pochi anni fa grazie alle vignette di una blogger femminista francese e del suo “Bastava chiedere” (“Fallait demander”). Nel 2019 questi fumetti sono stati tradotti in italiano e raccolti nel libro, Edito da Laterza, “Bastava chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano” con prefazione di Michela Murgia.

Uno studio condotto da economisti analizza come il carico psichico di cui ancora oggi soffrono maggiormente le donne non consenta loro di conciliare equamente lavoro e vita familiare e ne danneggi il benessere. Non è tanto il fare, ma il pianificare, il pensare come fare funzionare tutta la baracca. Siamo talmente abituate a fare tutto noi che io stessa, per raccogliere testimonianze per questo articolo, ho chiesto “Ritenete che i vostri mariti vi aiutino a sufficienza nella gestione della casa e della famiglia?”.
Ovviamente mi è arrivata una bella shit storm perché ho usato il termine AIUTARE che è altamente connotato e la dice lunga su come i retaggi culturali siano fortemente ancorati anche in chi si ritiene emancipata da certe idee. Quindi shit storm assolutamente meritata e illuminante.
Dalle risposte che ho ricevuto, emerge come nella stragrande maggioranza dei casi il carico mentale pesi totalmente sulle donne. La risposta più comune è stata “mio marito compie dei task su richiesta”. Ad esempio, non si pone il problema di pianificare i pasti della settimana o di ricordarsi se il figlio debba eseguire il controllo dal pediatra, ma esegue sotto imput diretto della donna. Quindi è lei, che deve chiamarlo e dirgli “puoi passare a comprare il pane tornando a casa?” oppure, “martedì prossimo puoi portare Franci dall’oculista?”, “ti sei ricordato di ritirare dalla tintoria il cappotto di Mati sul quale aveva vomitato di ritorno da Fregene, che tra un po’ inizia a fare freddo?”
In genere gli uomini si sentono molto partecipi nella vita di famiglia per il sono fatto di “eseguire” ordini dal grande capo. I pretesti per non fare di più sono:
- Non lo so fare. Ad esempio “non so fare la lavatrice” – Cosa abbastanza sorprendente da chi ha una laurea in ingegneria o in legge, mentre ovviamente noi donne abbiamo questa conoscenza innata, non abbiamo mai dovuto anche noi imparare come si fa.
- “Se non lo faccio come vuole lei si incazza” – e qui si apre un intenso dibattito. Siamo veramente noi ad essere maniache del controllo o semplicemente pretendiamo che ci mettano lo stesso impegno che ci mettiamo noi? Ad esempio se io cerco di preparare tutte le sere un pasto equilibrato alla mia famiglia, che preveda proteine, verdure, carboidrati sani e frutta e chiedo invece a mio marito di pensare lui alla cena, lui se ne può uscire con una pizza surgelata o un hamburger di Deliveroo?
Se mio marito veste mia figlia per andare all’asilo e le mette le mutande al contrario e i calzini spaiati, devo essere contenta perché lui è un uomo e quindi non potrà mai fare le cose come le faccio io?
3. “Sei più brava tu”, scusa molto comoda che si commenta da sola, credo. In genere sono più brava io perché lo faccio io il 99% delle volte. Se tu lo facessi più spesso, diventeresti bravo quanto me, credimi.
Per farla breve queste sono tutte scuse che non reggono in piedi e ci vogliono far credere che gli uomini siano dei bambinoni un po’ cretini, incapaci di pensare come noi. Allora come si spiega che nel lavoro occupino i posti più importanti? Riesci a fare il manager nella multinazionale americana ma non riesci a separare i vestiti bianchi dai colorati?
Oltretutto trovo queste argomentazioni molto tristi per gli uomini, questo mito dell’uomo deficiente domestico è totalmente ingiusta proprio verso gli uomini e verso la parità che desideriamo ottenere.
Come uscirne? La soluzione sembrerebbe banale e sempre quella: l’educazione dei ragazzi e delle ragazze. Sono essenziali politiche pubbliche volte a ribaltare le immagini, le azioni ei discorsi che veicolano gli stereotipi e le norme di genere. Ad esempio, aumentare la durata del congedo di paternità (ridicola in Italia) sarebbe una misura ancora più efficace quando le mentalità si saranno evolute in questa direzione per consentire alle donne e agli uomini di conciliare in modo equo la loro vita professionale e familiare. Quindi non facciamo troppo le mamme italiane per favore!