
Le donne hanno meno autostima degli uomini? Nel loro bestseller Womenomics – Write your own rules of success le saggiste Claire Shipman e Katty Kay affermano: “le donne hanno meno fiducia in se stesse degli uomini e questo è uno dei motivi per cui si ostinano a scontrarsi con il soffitto di vetro.” Il rapporto Women Matter di McKinsey recita che “le donne aspettano di avere il 120% delle competenze per candidarsi a un lavoro quando gli uomini sono soddisfatti se ne hanno il 60%”.

La scorsa settimana, in occasione della Festa Internazionale della Donna, ho assistito all’incontro: “Un altro genere di sguardo. Media, social e cultura, tra stereotipi e rivoluzioni”, dove si è discusso dell’evoluzione del ruolo delle donne nello storytelling.
Il panel era composto da Chiara Albanese, corrispondente politica italiana e viceresponsabile della redazione politica europea di Bloomberg News; Flavia Barca, esperta di settori culturali e creativi, componente dell’Osservatorio di genere e del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo presso il Ministero della Cultura; Flavia Fratello, giornalista La7, Monica Nappo, attrice e regista e Maria Scoglio, autrice tv e sceneggiatrice.
Tutte le relatrici erano concordi nel dichiarare che le donne si autopromuovono molto meno degli uomini sul lavoro, lasciando così trasparire un problema di autostima. In particolare, Flavia Fratello ha detto che lei riceve quantità inverosimili di libri da leggere, inviati o consegnati dagli autori stessi. Talvolta si tratta di titoli che poco hanno a che vedere con il suo lavoro o che trattano di temi tecnici che difficilmente potranno interessare il grande pubblico.
Ma questi libri hanno tutti una cosa in comune: sono scritti da maschi. Non accade quasi mai che una donna le si avvicini per darle il suo libro o per proporsi in una posizione lavorativa. Questo aspetto è stato confermato da Flavia Barca: quando viene pubblicato un annuncio per una nuova posizione, gli uomini hanno tendenza a candidarsi anche se il profilo ricercato è molto diverso dal loro o se non sono sufficientemente qualificati, mentre le donne si candidano generalmente solo a posizioni di cui hanno esattamente tutti i requisiti.
Se penso a me stessa, alla mia indole e al mio comportamento in ambito lavorativo, questo modo di fare mi rispecchia appieno. Questo senso di inadeguatezza e di non sentirsi all’altezza di una situazione professionale ha definito una buona parte della mia vita professionale. Fortunatamente ci sto lavorando su e cerco di farmi avanti, ma se penso ad esempio a quando ho pubblicato il mio romanzo, devo dire che neanche io me la sono sentita di mandarlo in giro o di parlarne con delle persone che avrebbero potuto aiutarmi nella promozione.
Un altro punto interessante della discussione è stato quando Flavia Parenti ha spiegato che alcune donne rinunciano a venire a parlare in televisione perché non hanno il tempo di andare dal parrucchiere o perché non hanno chi tenga loro i figli. Credo che l’insicurezza e la necessità di essere sempre perfette che viene richiesto alle donne siano le due facce di una stessa medaglia.
Siamo stati tutti educati così. E involontariamente io stessa agisco così con i miei figli. Ad esempio, se mio figlio esce di casa spettinato o vestito in modo un po’ trasandato non gli dico niente, mentre se lo stesso accade a mia figlia il mio riflesso sarà di dirle subito di andarsi a sistemare. Sembra un fatto banale, ma non lo è, perché è riflesso dello sguardo differente che pone la società sui maschi e sulle femmine. Sin da piccolissime ci viene inculcata l’esigenza di essere perfette per affrontare il mondo.
Credo che sia molto importante che tutte noi acquisiamo questa consapevolezza e cerchiamo di mettere a tacere quella vocina interna che ci instilla mille dubbi facendoci fare sempre un passo indietro. Solo in questo modo possiamo fare crescere la nostra autostima.
Quel giorno, quando ho assistito al convegno, avevo in borsa una copia del mio libro e, per la prima volta l’ho consegnato a una persona che non conoscevo. In modo molto goffo ho aspettato Flavia Parenti sotto al palco e le ho chiesto: “Le posso dare il mio romanzo?”
Quell’inspiegabile senso di inadeguatezza – La mia voce in capitolo